Il mucchio selvaggio

Sam Peckinpah

Texas del Sud, 1913. Gli uomini del Mucchio, camuffati con le divise dell’esercito, arrivano a San Rafael per rapinare la banca; ignorano che stanno cadendo in una trappola. Mr. Harrigan, dirigente della ferrovia, ha assoldato un gruppo di bounty killer capitanato da Deke Thornton, un ex del Mucchio, disposto a tutto dopo la cattura pur di non tornare in prigione. Lo scontro a fuoco che ne segue si tramuta in una vera strage: vengono uccisi molti civili inermi (era in corso una manifestazione della Lega contro l’alcolismo) oltre a un buon numero di fuorilegge. Solo in sei infatti riescono a fuggire e di lì a poco Pike si vede costretto ad ammazzare un membro della banda gravemente ferito. I sopravvissuti (Pike Bishop, Dutch Engstrom, Lyle e Tector Gorch e il messicano Angel), raggiungono alfine il loro rifugio, dove li aspetta il vecchio Sykes, e con lui vengono a scoprire come il loro bottino non siano altro che sacchi di tondini di ferro. La tensione nel gruppo cresce e Pike si trova a dover dirimere alcune controversie con i fratelli Gorch; alla fine concordano di spostarsi in Messico dove trovano ospitalità nel villaggio di Angel. Lì il giovane viene a sapere che in un’incursione dei federali suo padre e stato ucciso dal generale Mapache e che Teresa, la sua fidanzata, ha scelto di abbandonare la sua gente diventando la donna dell’infido generale… Pike e i suoi raggiungono poi Agua Verde ed è proprio con Mapahce, nonostante Angel, accecato dalla gelosia gli uccida tra le braccia Teresa, che riescono a trovare un ingaggio, quello di assalire in treno dell’esercito americano e rubare le armi necessarie ai federale per contrastare gli attacchi delle truppe di Pancho Villa. Il colpo riesce, nonostante sulle loro tracce ci siano sempre i cacciatori di taglie (il vecchio Sykes in seguito sarà ferito e si rifugerà sulle le colline), ma prima di consegnare le casse rubate Angel viene ripagato con una quantitativo di armi per la sua gente. Quando, dopo i subdoli tentativi di truffa orditi da Mapache, alfine il generale consegna loro il denaro pattuito, la situazione precipita perché la madre di Teresa, per vendicarsi, rivela il “furto” delle armi da parte di Angel, che viene subito fatto prigioniero. Inutile il tentativo di Pike di comprare la libertà dell’amico e così, passata una notte apparentemente pacificatrice tra vino e prostitute, Pike. sempre più turbato dalla situazione, conduce i suoi al cospetto di Mapache, deciso a liberare Angel. Lo sprezzo del generale arriva a tagliere la gola del giovane sotto gli occhi degli amici e la loro reazione è violenta e devastante, uccidendo il generale e quanti gli sono accanto. Dopo un momento di smarrimento delle truppe che li circondano, la sparatoria si accende e, “orchestrata” dalla mitragliatrice di cui i quattro si sono impossessati, arriva ad assumere dimensioni epiche: sarà una carneficina e nessuno resterà in vita. Così, quando sopraggiungono Thornton e i suoi squallidi compagni, questi non devono far altro che recuperare i corpi per andare a incassare le taglie. Deke però non li segue e resta solitario ad aspettare un imprecisato futuro. Questo si concretizza negli spari lontani di un un conflitto a fuoco e di lì a poco gli si fanno incontro il vecchio Sykes e un manipolo di peones ribelli che hanno fatto giustizia dei bounty killer. A Thornton non resta che accettare l’invito di unirsi a loro.

The Wild Bunch
USA 1969 (145′)

Sono le immagini di ragazzini che infieriscono su scorpioni e formiche, alternate a quelle del corteo di benpensanti, a cadenzare, nei dei titoli di testa, l’entrata in campo degli uomini di Bishop nelle loro divise militari. La metafora di Peckinpah non lascia scampo: ogni innocenza è perduta, ogni retaggio moralistico appare retorico e anacronistico. La violenza che ben presto esplode a San Rafael sigilla il cul-de-sac che attende i protagonisti, ormai misfits senza appello. Eppure l’aura mitica del western riesce via via a prendere respiro: è nella tenace voglia di riscatto di Pike e Dutch, nella loro sodale amicizia virile che Il mucchio selvaggio trova la sua forza; i fratelli Gorch fanno da contraltare spesso meschino, Sykes con la sua sprezzante vecchiaia pungola il gruppo, Angel incarna una voglia di riscatto, legata alla sua terra e alla sua gente, che rappresenta l’anima sotterranea di un’avventura che deve varcare i confini del Messico (“un pezzo di Texas con un ciuffo d’insalata intorno”) per ritrovare una speranza di futuro. La caccia dei bounty-killer è guidata da Deke Thornton, uno del “mucchio” che non ha potuto far altro che mettersi contro i suoi vecchi compagni per evitare la galera. È un ex-amico che Pike rispetta (“Ci segue perché ha dato la sua parola”) e il fatto che, con il vecchio Sykes, sia l’unico della banda che restarà in vita, è un ulteriore segnale che i tempi sono cambiati, che anche oltre il Rio Grande la politica reazionaria si fa strada e che l’unica alternativa “fuorilegge” sta nell’aggregarsi ai peones ribelli. Se Il mucchio selvaggio è incornciato dalle due feroci sparatorie che lo aprono e lo chiudono, l’affresco che nel mezzo Peckinpah disegna si apre a riflessioni amare e malinconiche: la presenza dei bambini resta un segno ricorrente (a San Rafael in momenti spavaldi e romantici, a Agua Verde dove i piccoli appaiono dietro a delle sbarre mentre i più grandicelli sono in divisa e armati); le figure femminili si incarnano in corpi buoni solo per sesso e gozzoviglie (ma la prostituta-madre con cui Pike passa la notte ha una sua umanità a cui lo sguardo di lui fatica a reggere), in personaggi laidi ed egoisti (Teresa, ex fidanzata di Angel “ubriaca di vino e d’amore”), in donne vendicative (la madre di Teresa che denuncia Angel a Mapache) e pericolose (le guerrigliere armate che intervengono nel combattimento finale); i soldati di Mapache sono tanto stupidi quanto arroganti, degni sgherri del generale, becero e crudele fino al macchiettismo. In questo squallido contesto la pausa al villaggio di Angel è un momento di pace anche interiore, suggellata dalla sequenza in cui Pike e i suoi riprendono il cammino tra due ali di peones che mestamente li salutano (“E la colomba deve partire, ma vorrebbe restare” sono le parole di La Golondrina, il canto messicano che li accompagna), ma l’epica de Il mucchio selvaggio culmina in quella indimenticabile camminata dei quattro (inquadrati in mezzo campo lungo, schiacciati dal teleobiettivo) che, dopo il fatidico “why not” di Lyle, vanno incontro al loro destino di uomini disillusi ma leali. Poi, senza soluzione di continuità, arriva il fantastico grand-guignol della resa dei conti, con un ulteriore, efficace uso del teleobiettivo, con le memorabili riprese al rallenty e la frenetica frammentazione del montaggio. Ma in tanta abilità tecnica non viene mai meno l’appassionato coinvolgimento emotivo tra regia, protagonisti e pubblico. I primi piani donati agli sguardi dolenti di Holden e Borgnine rimandano a quelli altrettanto intensi che hanno segnato il loro sgomento di fronte alla brutalità di Mapache verso Angel. Sguardi che rimandano a quelli velati di tristezza e rimpianto che delineano il personaggio di Thornton, affidato a Robert Ryan. Tra distacco e disincanto quel gesto con cui raccoglie la pistola di Pike, quel suo indolente lasciarsi sedere all’ingresso del villaggio, chiudono non solo il film, ma tutta l’epoca gloriosa del western.

Ezio Leoni


quel “mucchio” di fuorilegge

 

tra gli interpretiPaul William Holden (Pike Bishop), Ernest Borgnine (Dutch Engstrom), Robert Ryan (Deke Thornton), Warren Oates (Lyle Gorch), Ben Johnson (Tector Gorch), Jaime Sánchez (Angel), Edmond O’Brien (Freddy Sykes), Emilio Fernández (Mapache), Alfonso Arau (tenente Herrera), Albert Dekker (Mr. Harrigan)

NOTE:
Peckinpah aveva previsto di premettere al film una didascalia (che venne poi eliminata) con all’incirca queste parole: “L’intera America, nell’anno 1913, era entrata nell’Età dell’innocenza; le storie delle Guerre indiane, della corsa all’oro e dei banditi famosi erano diventate ritornelli da osteria o riminiscienze da salotto… Ma sulle sponde del Rio Grande. alcuni uomini vivevano ancora come nel ’70 e nell’80, uomini rimasti immutati in un paese che stava cambiando”
Onore al merito al montatore Lou Lombardo che in 3643 frame organizza uno straordinario mosaico di veloci inquadrature, suadenti rallenty, primi piani a tutto schermo e avvolgenti panoramiche che contribuirono a rendere Il mucchio selvaggio un cult-movie, riconfigurando le esperienze di Sergio Leone e dell’Arthur Penn di Gangster Story.
Sono affidati ai flash-back (inseriti solo a posteriori rispetto alla prima uscita americana) due importanti snodi narrativi.  Il primo è relativo a Deke Thornton, alla sua cattura (mentre, nella circostanza, Pike riesce a fuggire) e alle brutalità che deve subire in carcere. Il secondo riguarda Pike Bishop e la sua tragica storia sentimentale: sorpreso, mentre è con la sua amante, dal marito di lei non può impedire che questi la uccida e subisce egli stesso una ferita invalidante ad una gamba.
C’è una frase mitica nel film ed è quel “why not?” (perché no?) con cui Lyle ribadisce il “Let’ s go” (andiamo) di Pike. Una risposta che contiene tutto il fatalismo e l’abnegazione con cui i quattro si apprestano a giocarsi la loro idea di lealtà e la loro stessa vita.  Peccato che nella versione italiana il dialogo diventi un semplice “Andiamo”“Andiamo” azzerando la potenza simbolica del momento.
Timing di un’epica strage. La sparatoria parte con il colpo di pistola di Pike che raggiunge al petto Mapache; poi, dopo che anche due fucilate di Dutch colpiscono il generale, subentra uno stallo dell’azione in cui i quattro fronteggiano lo sgomento dei soldati. Quando, dopo 43 secondi Pike uccide anche il consigliere militare prussiano, la scontro a fuoco esplode in tutta sua forza protraendosi fino all’accasciarsi di  Dutch (4′ 22″). Poco più di 5 minuti davvero indimenticabili.

   

FRASI:
Pike: “Bisogna cominciare a pensare andando oltre le pistole, quei giorni stanno finendo in fretta”
Pike, rivolto a Tector: “Tu non ti sbarazzi di nessuno. Resteremo tutti insieme come abbiamo sempre fatto, chiaro? Quando ci si mette insieme si resta uniti e se non riesci a farlo vuol dire che sei peggio di un animale. Sei finito, siamo finiti…”
Il capo del villaggio: “Tutti sogniamo di tornare bambini, anche i peggiori fra noi: forse i peggiori lo sognano più di tutti…”
Il capo del villaggio: “Per Angel Teresa era quasi una santa da venerare da lontano. Mapache sapeva che era un frutto maturo e appetitoso.” – Pike: “Così Angel odorava il fiore e Mapache si è pappato il frutto”
Dutch: “Io spero che un giorno questa povera gente a forza di calci spinga lui e la feccia che ha intorno fin dentro la fossa” – Angel: “Lo faremo, a costo di spenderci la vita”

SEQUENZE:
l’agguato e la carneficina a San Rafael
Pike e i suoi lasciano il villaggio
Angel uccide Teresa
l’esplosione del ponte
il disgusto di Pike e compagni di fronte alle sevizie su Angel
“why not?”
l’epica camminata
l’esecuzione di Angel e la reazione di Pike e Dutch
lo scatenarsi della sparatoria
Thornton raccoglie la pistola di Pike
Thornton si siede all’ingresso del villaggio

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