Petites – La vita che vorrei… per te

Julie Lerat-Gersant

La sedicenne Camille, rimasta incinta, viene separata da sua madre, una donna affettuosa ma tossica, e mandata dal giudice minorile in un centro accoglienza. Lì fa amicizia con Alison, giovane madre del tutto immatura e irresponsabile, e insieme a lei si trova spesso a scontrarsi con l’educatrice, Nadine, l’educatrice del centro appassionata al suo lavoro, ma ormai disillusa. Eppure il confrontarsi di Camilla con queste persone sarà per lei occasione di affrontare con un atteggiamento diverso la sua situazione, in un percorso di crescita e di formazione.

Petites / Little Ones 
Francia 2022 (90′)

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  L’esordio al lungometraggio di Julie Lerat-Gersant, che porta al cinema la sua esperienza d’osservatrice nei centri francesi di accoglienza per madri adolescenti e i loro neonati, è un viaggio di crescita e indipendenza femminile che rimarrà a lungo nella nostra mente e nei nostri cuori. Racconta con realismo privo di ogni retorica e macchina da presa incollata alla sua prodigiosa protagonista (Phil Grovne) la tormentata gravidanza inaspettata della 16enne Camille, padre mai conosciuto, madre amorevole ma tossica e coetaneo che l’ha messa incinta più attratto dallo studio e da un viaggio in Olanda che dallo stargli accanto. Un tentativo di aborto spontaneo procurato (con l’avallo della madre) al quarto mese di gravidanza ed eccola su ordine del Giudice minorile in una casa famiglia per ragazze madri. Col film della Lerat-Gersant che segue l’evoluzione, fisica e psicologica, di questa ragazzina costretta a diventare donna e in preda ad angosce esistenziali e dubbi filosofici. Tra un’educatrice ferrea (Romane Bohringer) e un gruppo di coetanee con le quali specchiarsi (soprattutto con una, Alison, il cui primo figlio finirà spesso tra le braccia di Camille nelle scene più belle e toccanti del film), una tazza di cioccolata calda e qualche consiglio prezioso (Bisogna scavare una buca per sotterrare il dolore), le corse sui rollerblade e le tirate di sigarette incurante di quel piccolo alieno (così lo chiama all’ecografia) che ha in grembo. Sì perché Camille, in bilico tra prove di maternità e la voglia di essere se stessa, mentre cerca la condivisione nasconde retaggi familiari (quel dossier d’infanzia che non vuole leggere) e la convinzione che a volte parlare fa troppo male. Mentre quei bambini contesi mandano segnali che non tutti comprendono e Camille canta il ritornello di una canzone che si chiede se questo amore avrà un domani. Finale struggente e liberatorio che consegna al mondo e al pubblico una nuova Camille. Delicato e commovente, documentato e intimo (magnifico il dialogo madre-figlia sul letto dopo il litigio della festa di compleanno) Petites- La vita che vorrei…per te mette in scena eredità familiari ed emancipazione femminile immergendo lo spettatore in un quotidiano ruvido e vivacissimo al quale danno linfa e potenza le straordinarie interpreti, tutte intonate nel coro dell’autenticità. Opera rara sul senso di responsabilità che comporta l’essere madre, ecco un film che dovrebbe essere visto obbligatoriamente nelle scuole. Per comprendere il senso di una scelta e la sofferenza che comporta (quel piccolo pugno della neonata che stringe il dito della mano della madre vale il film). Un cinema sociale e lirico che rimanda a Ken Loack per cura dei dettagli e precisione ambientale dell’insieme e che fa venire voglia di vedere subito la sua seconda opera. E’ nata una grande artista.

Claudio Fontanini – cinespettacolo.it

…Con sguardo semi-documentaristico e con la grazia della giusta misura, Julie Lerat-Gersant affronta un argomento di cui si parla poco e male, perché scatena reazioni istintive. È l’argomento della genitorialità responsabile, dalla quale dipende in gran parte lo sviluppo psicofisico del bambino. La regista non fa proclami e non mette in scena dibattiti, preferendo collocare il personaggio di Camille al centro di un microcosmo diversificato (un modo di dire che ogni storia è un caso particolare), e da questa posizione offrirle la possibilità di vedere, e poi di misurare sulla propria pelle, man mano che la ragazzina si lascia coinvolgere, la distanza che può intercorrere tra intenzioni e comportamenti reali. Preferendo il racconto al giudizio, dunque, Julie Lerat-Gersant mette in scena un’età di passaggio, in cui il richiamo della socialità, della trasgressione, di un mondo (quello adulto) ancora tutto da esplorare può essere più potente della necessità di assumere in fretta un ruolo genitoriale. Le adolescenti della casa famiglia sono giustamente ancora bambine, sono le “petites” del titolo, più figlie che madri, almeno quando non devono fare da madri alle proprie madri, come accade a Camille, nei cui panni Pili Groyne restituisce bene lo sguardo di chi si carica da sempre di un fardello troppo pesante, che le ha rubato la spensieratezza. Non è dunque solo un discorso di età anagrafica, ma di maturità cognitiva, di modi dell’amore che vanno imparati, di presa di consapevolezza di ciò che di buono e di sbagliato si tramanda di madre in madre. (…) Un risultato non da poco per un’opera prima che ha la freschezza e la semplicità di un film d’esordio, ma anche la maturità di lasciare interamente lo spazio al soggetto del proprio racconto anziché, come talvolta accade, all’esibizione delle proprie intenzioni artistiche.

Marianma Cappi – mymovies.it

  …La regista francese Julie Lerat-Gersant si dirige verso il cinema formandosi in sceneggiatura alla Femis. Il suo primo lungometraggio, Petites – La vita che vorrei… per te, è presentato al 75° Locarno Film Festival nella sezione Cineasti del presente, un debutto in pompa magna che la trascina nella corte dei grandi. Il film nasce dal desiderio di ritrascrivere cinematograficamente la sua esperienza d’osservatrice in centri francesi di accoglienza per madri adolescenti e i loro neonati nei quali ha diretto diversi atelier di scrittura. Petites ci racconta la storia di una di questa ragazza, il suo soggiorno tormentato tra le mura di un centro che da prigione si trasforma in rifugio dove (ri)trovare sé stessa.

Rimasta incinta a 16 anni, Camille (Pili Groyne) non vuole tenere il bambino. Purtroppo però un’eventuale IVG non è legalmente più possibile. Dopo vari, pericolosi tentativi di porre da sola un termine alla gravidanza, Camille è affidata ad un centro per madri e bambini che accoglie giovani ragazze in situazioni precarie. Attorniata da una marea di adolescenti alle prese con neonati che non sanno spesso come gestire, Camille è costretta ad affrontare un destino che non accetta, un destino da adulta che non capisce e al quale non intende piegarsi. La sua unica alleata è Alison, una giovane ragazza madre alle prese con una bambina (Diana) che soffre di grave crisi d’asma. Malgrado la decisione di tenere la figlia con sé, Alison continua a sognare una vita fatta di feste e bevute, spensieratezza e ribellione. Le ragazze del centro si trasformano in specchio deformante attraverso il quale Camille osserva un futuro che rigetta con tutte le sue forze. Soffocata da una madre al contempo ossessiva e immatura, la giovane protagonista di Petites cerca delle risposte che possano dare un senso al suo presente ma anche e soprattutto al suo passato. Da luogo oppressivo dominato dal rumore incessante delle grida dei neonati, delle porte che sbattono e delle crisi a volte violente delle adolescenti, il centro che l’accoglie si trasforma in rifugio nel quale ritrovare la propria identità. Ad accompagnarla in questo viaggio troviamo Nadine (Romane Bohringer), un’educatrice che di casi come quelli di Camille ne ha visti molti, troppi. Malgrado appartengano a famiglie disfunzionali che le imprigionano e soffocano, alcune ragazze (incarnate da Camille) incontrate dalla regista durante i suoi ateliers riescono ad emanciparsi costruendosi una parvenza di equilibrio che credevano di non meritare. Con Petites Julie Lerat-Gersant vuole mostrarci questi coraggiosi percorsi alternativi incarnati dalla sua protagonista Camille…

Muriel Del Don – cineuropa.org

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