Brigitte Bardot Forever

Lech Majewski

L’adolescente Adam vive con la madre in Polonia e attende da sempre il ritorno del padre, disperso dopo la Seconda guerra mondiale. Quando la polizia segreta irrompe nella sua abitazione e tormenta la madre, Adam si rifugia in un cinema che proietta Il disprezzo di Godard e si ritrova nelle stanze private di Brigitte Bardot, in un misterioso hotel abitato da affascinanti personaggi sia di fantasia sia reali (da Marlon Brando ai i Beatles) che lo accompagneranno nella ricerca di suo padre.

Brigitte Bardot cudowna
Polonia 2021 (122′)

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   C‘è tutto ciò che la Polonia significava e significa per il regista in questa pellicola che vanta anche l’approvazione della stessa Brigitte Bardot per l’uso della sua immagine e la sceneggiatura, nonché la scelta dell’attrice che la interpreta. Dai Beatles alla Bardot appunto le più celebri icone pop della musica del grande schermo fanno da guida al protagonista in un in un indimenticabile viaggio alla ricerca del padre scomparso in circostanze poco chiare. Siamo alla metà del XX secolo della Polonia comunista. Adam (Kacper Olszewski) vive con la madre (Magdalena Ròzczka) e attende da sempre il ritorno del genitore scomparso dopo la seconda guerra mondiale (il giovane lo immagina frequentemente a bordo di un aeroplano e crede che si trovi in Inghilterra, tanto da scrivergli delle appassionanti lettere). Quando la polizia segreta irrompe nella sua abitazione e tormenta la madre il ragazzo si rifugia in una sala che poi che proietta Il disprezzo di Jean-Luc Godard, A questo punto viene incredibilmente catapultato delle stanze private della bionda diva simbolo della sessualità interpretata da Joanna Opozda, il misterioso hotel è abitato da affascinanti personaggi sia di fantasia che reali, Avvengono così gli straordinari incontri con il “Santo” Roger Moore, Cézanne è oggi amore Cézanne (Eryk Lubos), Liz Taylor (Weonika Rosati) e ovviamente i Beatles (Karol Kadlubiec, Mateusz Mosiewicz), seguendo sempre il commovente nostalgico fil rouge dell’amore familiare.

Sara Risini – Trovaroma cinema

  Come già per il suo film forse più celebre, Il giardino delle delizie (2004), tratto dal romanzo Metaphysics, da lui stesso scritto, anche per il suo ultimo lungometraggio Lech Majewski (Katowice, 1953) sceglie di partire da un suo testo, questa volta d’ispirazione autobiografica, per scolpire un percorso d’iniziazione all’età adulta ispirato al modello dell’epica omerica: Adam è un novello Telemaco alle prese con la nostalgia del padre – un’idea più che un uomo in carne e ossa – e con il desiderio di affrancarsi dalla bolla per lanciarsi nel mondo. Mondo vagheggiato alla stregua di un Paese delle meraviglie che, nel corso dell’avventura dell’individuazione, il protagonista esplorerà tenuto per mano da idoli ‘archetipici’, artisti o intellettuali, depositari di saggezza o di elettriche inquietudini esistenziali, aiutanti dell’eroe in formazione che ha bisogno di farsi grande separandosi dalla madre-grembo, la sua terra natale, e di entrare nel regno del padre (…) quel che Adam sta cercando di fare non è recuperare il padre in sé stesso, ma diventare il padre di sé stesso, soggetto di un desiderio singolare che possa rivendicare come suo. Majewski, maestro che si è formato da artista visivo e che rivela il suo retroterra formativo nell’immobilità pittorica con cui spesso calcifica il dinamismo proprio del medium cinematografico, anche questa volta realizza un’opera che, in continuità con le precedenti, sdoppia i piani d’accesso alla sua fruizione: la prima parte aderisce a codici naturalistici nel rappresentare alcuni momenti di un’infanzia indispettita di fronte all’indottrinamento; la seconda oltrepassa l’impostazione realistica per abbandonarsi alla visionarietà allegorica di un viaggio all’interno di una dimensione dislocata nella surrealtà, più simbolica che onirica… Il rifiuto di rappresentare la realtà qual è nella sua concretezza (…) assume i caratteri di un messaggio politico di resistenza, di reazione ai dettami costrittivi di quello che fu il realismo socialista e che oggi potremmo definire il totalitarismo di un reale rotondo, senza mediazioni, senza aperture al simbolico. Nel suo cinema, Majewski, che è (stato) bambino insofferente alla dottrina della Polonia solerte ancella dell’Unione Sovietica, moltiplicatrice di scuole e di fabbriche, si ricava uno spazio di dissidenza radicale di fronte alla riduzione del reale a ciò che semplicemente c’è e si vede…

Carolina Iacucci – cinematographe.it

   …Sembra di essere in un film che rimanda, seppur con un protagonista di età minore, alle modalità narrative di Ti ricordi di Dolly Bell? con tutta la corrosiva ironia da dedicare agli anni in cui il socialismo reale dominava, seppure con metodi differenti tra Jugoslavia e Polonia, l’intera società. Adam si presenta come un bambino ribelle che non vuole sottostare alle imposizione della retorica dei suoi insegnanti e che è capace di atti iconoclastici. Anche perché può verificare come gli inquisitori tentino di insinuarsi nella sua vita familiare di figlio che vive con la madre attendendo il ritorno di un Ulisse che non si sa se sia vivo oppure no mentre i lubrichi e minacciosi esponenti dell’apparato insidiano la mamma, novella Penelope. A impedirgli di cedere allo sconforto ci pensano le immagini appese sopra il suo letto. Ci sono i Beatles, Simon Templar, Raquel Welch, Liz Taylor e, ovviamente, Brigitte Bardot. Fino a questo punto ci troviamo di fronte ad un Majewski piuttosto inedito ma che non può e non vuole esimersi da quella ricerca che, presente in ogni sua opera, costituisce il motivo che lo ha portato a distinguersi nel panorama polacco e internazionale. Adam trova così l’ingresso di un hotel misterioso che a tratti sembra il castello di Hogwarts della saga potteriana e in altri momenti riporta alla mente il Grand Budapest Hotel di Wes Anderson.

Questo senza però mettere mai in discussione la genialità di un regista che sa fondere i sogni di un bambino e poi di un ragazzo alla ricerca della figura paterna e di se stesso che si uniscono agli incubi dell’oppressione politica. Se Brigitte Bardot si mette a nudo (in tutti i sensi) e Liz Taylor fa la diva, i Beatles, in divise della fase Sergent Pepper, possono forse essere d’aiuto in un mondo in cui i sovietici affermano che solo i polacchi possono credere all’esistenza della Siberia (con tutto quello che politicamente comporta). Ad un certo punto Adam si troverà di fronte ad una scelta non facile e saprà come comportarsi.

Giancarlo Zappoli – mymovies.it

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