Gennaio 2022: Costanza Quatriglio dona l’archivio di suo padre Giuseppe alla Biblioteca della Regione Sicilia, fatto di libri, fotografie, filmati e articoli. Lungo la sua carriera il giornalista è entrato a contatto con molte personalità illustri dello spettacolo (da Cary Grant a Audrey Hepburn, passando per Luchino Visconti) oltre ad aver raccontato diversi eventi storici: la figlia racconta il giornalista e l’uomo attraverso questi documenti preziosi.
Italia 2024 (132′)
La Sicilia, il mondo, una casa, una biblioteca. Un viaggio sentimentale e avventuroso in un Novecento ormai sconosciuto, attraverso bobine 8mm, fotografie, registrazioni sonore, documenti di un archivio unico, quello del giornalista e scrittore Giuseppe Quatriglio, che ha dedicato la propria vita al racconto della Storia dalla prospettiva di una Sicilia universale di artisti, poeti e intellettuali. La scintilla è l’intenso lavoro compiuto dalla figlia, la regista Costanza Quatriglio, di preparazione al distacco definitivo dalla biblioteca del padre donata alla Biblioteca Centrale della Regione Siciliana. Dalla casa natìa si dipanano luoghi impregnati di storie; memoria privata e memoria collettiva si intrecciano in un fitto dialogo tra la figlia e il padre novantenne nelle inedite riprese effettuate tra il 2010 e il 2011 e custodite fino a oggi.
Note di regia «Hai aperto proprio il cassetto segreto!» Così mi ha detto mio padre nel 2010 quando gli ho messo sotto il naso un quaderno del 1937 pieno di poesie di gioventù. Da quella volta non ho fatto altro che pensare che un giorno i cassetti di mio padre li avrei aperti davvero. Nell’antica Grecia, accanto a Kronos, il tempo che scorre, c’è Kairos, il tempo debito, il tempo in cui le cose accadono perché spinte dalla necessità che agisce sulla nostra volontà. Il distacco dalla biblioteca di mio padre è il tempo debito; il tempo del lasciare è il tempo della conoscenza. Trasferire i libri, trasferire memoria. Trovandomi di fronte questo dono che la vita mi ha dato, sto facendo quello che devo fare. Sento che interrogo il mio mestiere, non solo per il gusto del cinema, ma anche per rispondere a quella che d’un tratto mi è parsa una chiamata. Fare cinema con immagini di repertorio è gesto di condivisione; ripercorrere, ripetere, elaborare, per vedere con altri occhi ciò che risuona nella memoria di noi tutti, a volte senza che noi stessi ce ne rendiamo conto.
filmitalia.org
Regista nota per documentari di pregevole fattura, come Terramatta (2012) e Triangle (2014), Costanza Quatriglio è figlia di un padre famoso, di nome Giuseppe, un giornalista e autore siciliano che ha girato il mondo grazie al suo lavoro. Nato nel 1922 e scomparso nel 2017, Giuseppe Quatriglio ha riempito la sua casa di libri, memorie e testi di vario genere ed è in questo ambiente che la figlia è cresciuta. Dopo la morte del padre, la regista si troverà a catalogare questo straordinario archivio, che mescola articoli e fotografie, filmini e registrazioni, realizzati da un uomo che è venuto a contatto durante la sua esistenza con numerose celebrità e che ha testimoniato eventi epocali che hanno segnato la storia. Scoperchiando questo “cassetto segreto”, Costanza Quatriglio dà vita a una pellicola intima e personalissima, in cui finirà per capire molte cose che aveva in comune con suo padre e di cui non conosceva del tutto l’esistenza. Questo documentario si trasforma così in un lungometraggio che rappresenta anche una sorta di autoanalisi da parte della regista, per cercare di superare il lutto paterno e un’assenza che tutti quei materiali non possono certo riempire.Il cinema diventa così un’arma per ricordare, con una modalità simile a quella realizzata da Alina Marazzi nel memorabile Un’ora sola ti vorrei (2002), dove attraverso i filmini di famiglia ricostruiva la figura di una madre che, sostanzialmente, non aveva mai conosciuto. Alcune modalità della struttura de Il cassetto segreto sanno un po’ di già visto (viene in mente anche il bel lavoro dell’argentino Mariano Llinás, Clorindo Testa, dedicato alla figura paterna e realizzato un paio d’anni fa), ma l’operazione è comunque toccante e ricca di forte sensibilità.
Andrea Chimento – ilsole24ore.com
Quando nel 2010 Costanza Quatriglio iniziò a filmare suo padre non voleva certo fare un film, ma “semplicemente farlo chiacchierare. Pensavo che il cinema potesse essere in qualche modo uno strumento di mediazione e che favorisse il dialogo. Infatti così è stato e mi sono divertita molto a farlo. All’inizio aveva delle ritrosie, poi invece si è lasciato filmare ed è diventato complice” di un’opera stratificata, complessa, dove le memorie di famiglia diventano memoria storica collettiva. Dieci anni dopo, nel 2022, quelle riprese diventano parte di un film più ampio, Il cassetto segreto, che rende omaggio al padre, Giuseppe Quatriglio, storica firma de Il giornale di Sicilia con l’ossessione per l’archiviazione minuziosa di ogni cosa, sia che appartenesse all’ambito professionale, sia che venisse invece dalla sfera privata: filmini, foto, ritagli di giornali, bobine, libri, articoli. Presentato al festival di Berlino 2024, il film è un excursus nei ricordi familiari, ma anche un viaggio in bianco e nero attraverso le più importanti pagine di storia del nostro paese e in particolare della Sicilia e di Palermo. È la sublimazione del cinema come strumento per fare ordine, catalogare, archiviare, interpretare e ridare senso al reale, attraverso frammenti di memoria e testimonianze che altrimenti rimarrebbero solo vecchie fotografie conservate in fondo ad un “cassetto segreto”. Il titolo, Il cassetto segreto, “nasce da una frase che mio padre mi disse quasi per gioco molti anni prima del film nel 2010, mentre lo filmavo”, ci racconta nell’intervista la regista. “Quando gli sottoposi un quaderno di poesie degli anni “30, lui era appena un ragazzino, mi disse quasi per gioco ‘hai aperto il cassetto segreto'”. Da quella sera del 2010 Costanza Quatriglio non ha fatto altro che pensare che un giorno i cassetti di suo padre li avrebbe aperti davvero, “a tempo debito”, quello cioè “in cui le cose accadono perché spinte della necessità che agisce sulla nostra volontà”…
Dentro c’è di tutto: la voce della regista che spiega, cataloga, ricorda e contestualizza immagini e vecchi filmati; l’immagine di lei bambina immortalata nelle foto dell’epoca, e quella di lei che si muove in una casa-mondo catturata dalla videocamera che per qualche minuto passa nelle mani di una terza persona; il ritratto del padre che riaffiora qua e là attraverso le riprese effettuate dalla regista tra il 2010 e il 2011, e poi fotografie, bobine 8mm, registrazioni sonore. Un tesoro di oltre 60 mila negativi fotografici scattati da Giuseppe Quatriglio dal 1947 in poi, ottant’anni di giornalismo che lo ritraggono nei suoi viaggi in giro per il mondo in Tunisia, Vietnam, Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna, Spagna e negli incontri con alcuni dei personaggi chiave del Novecento: Jean Paul Sartre, Leonardo Sciascia, la voce di Carlo Levi, le foto di Anna Magnani, Cary Grant e Ingrid Bergman, l’auto scatto mancato con Enrico Fermi. In quei negativi catalogati per anni nelle scatole ha custodito fatti, avvenimenti storici e relazioni; Aprendo quel cassetto la regista ammette di aver trovato “tante storie, immagini, filmati, voci, vite, ma soprattutto la possibilità di riempirle di altre storie e altre immagini. Sonorizzando le fotografie potevo restituire la tridimensionalità dello spazio e del tempo che mio padre aveva voluto fotografare o filmare”. La macchina da presa si aggira inquieta per le stanze della casa nel frattempo abitate dal lavorio incessante di archivisti e bibliotecari indaffarati ad “assalire” scaffali, librerie, scatoloni, nastri e a fare ordine: analizzano e passano al setaccio ogni bobina, foto, appunto, stralcio di giornale. I ricordi riemergono, prendono vita, anche quelli dimenticati, messi da parte in chissà quale angolo smarginato della memoria, come succede con una vecchia foto che la ritrae a casa di Sciascia, accanto a lui sul divano: non ricorda di esserci mai stata, eppure guardandola le sembra di “sentirli ancora discorrere” suo padre e lo scrittore, di letteratura e dei graffiti nelle carceri dello Steri a Palermo, che nel 1906 erano sfuggiti all’inventario di Giuseppe Pitrè e che invece suo padre contribuì a riportare alla luce.
La narrazione è un dialogo costante tra passato e presente, intervallata da foto in bianco e nero, registrazioni sonore, filmini in 8mm e dalle riprese effettuate in quella stessa casa, che lo filmano quasi novantenne tra i suoi libri e le sue carte. E poi ci sono le memorie più intime e casalinghe: i vagiti di Costanza bambina, il motivetto di una ninna nanna fischiettata, le lettere ai genitori scritte quando era ancora un ragazzo. Attraverso il lavoro d’archivio le storie impresse su quei negativi si ricompongono, acquistano nuovi significati e sconfinano: travalicano le mura della casa di famiglia, superano le recinzione del giardino che la circonda e diventano storie del mondo, dell’Europa, dell’Italia. È la potenza del cinema d’archivio che tutto trasforma e rielabora, consentendoci di varcare la soglia di mondi altrimenti inaccessibili.
Elisabetta Bartucca – movieplayer.it