Uno degli ultimi residenti sull’isola dell’Asinara è uno scultore di tronchi incastrati sugli scogli. Enrico Mereu è oggi un liberatore di forme, ma ha svolto, per tanti anni, l’attività opposta: guardia nel carcere di massima sicurezza della stessa isola. Un artista di scelte radicali, che non abbatterebbe mai un albero e che ha imparato dai detenuti a fare a meno del superfluo, conduce una lotta quotidiana in difesa dell’integrità dell’isola, affinché resti ancora e per sempre un parco naturale. Nonostante tutto lo spinga ad abbandonare l’isola, Enrico resiste, legato profondamente al suo paradiso solitario.

Italia 2024 (83′)
Oggi pressoché disabitata, l’isola è stato un carcere di massima sicurezza per oltre un secolo, quindi inaccessibile. Dopo la chiusura del penitenziario, nel 1997, Enrico Mereu e la moglie decidono di rimanere sull’isola mentre tutte le altre famiglie del personale penitenziario se ne vanno. Da quel momento in poi Mereu si è dedicato alla scultura, arte che ha scoperto di avere naturalmente da bambino e ha deciso di non utilizzare altra materia che i tronchi incastrati sugli scogli e restituiti dal mare alla terraferma. Sono ormai oltre 25 anni che scolpisce questi ossi induriti dal sale e le sue sculture hanno viaggiato per la Sardegna, per l’Italia e perfino in Europa. I suoi cinque figli e quattro nipoti vivono in Sardegna, ma Enrico non riesce a lasciare il suo paradiso. Sono loro che periodicamente vanno a trovare i genitori sull’isola, luogo della loro infanzia che ricordano con amore e malinconia. Purtroppo, la progressiva apertura dell’isola sta trasformando questo luogo dell’anima e la logica del profitto ne minaccia l’equilibrio sottile che l’isolamento ha invece permesso di preservare. La vicinanza con i condannati è stata per Enrico un’esperienza fondamentale e oggi che il carcere è una sorta di museo gli aneddoti sono innumerevoli: nomi e storie che s’intrecciano in una trama di angosce e confidenze scambiate con amici che periodicamente lo vanno a trovare. È proprio dal carcere che Enrico ha imparato che un uomo ha sempre una seconda possibilità, proprio come un tronco che galleggia per anni prima di spiaggiarsi nella caletta giusta. È allora che va lavorato e va fatto subito. L’immagine va fissata o si perderà. Ad ogni colpo di scalpello si rinnova una scelta del tutto contraria alla direzione del mondo globalizzato. Si rinnova la sfida di un uomo fuori dal mondo.
Note di regia: Il corpo di Enrico è il mio strumento di esplorazione privilegiato e, contemporaneamente, è l’unità di misura del mondo che lo circonda. Le sue mani, in particolare, sono gli strumenti che immortalano le sue emozioni in scultura, ma sono anche il punto di contatto tra l’universo e l’essere umano. La mia camera ha dunque un rapporto stretto con la sua espressione fisica. In alcuni momenti lascio che si allontani dall’obiettivo, per valorizzare la dimensione del silenzio e per contestualizzare nella maestosità del mare e del cielo. Enrico è quel tipo di persona che parla con gli elementi naturali. Trovo adorabile il suo monologo interiore e lo metto in evidenza evitando la dialettica domanda/risposta. I suoi gesti, non solo quelli della scultura, costituiscono un linguaggio ulteriore e una sorta di trama musicale. Enrico non è un eremita: insieme a sua moglie ha cresciuto figli e nipoti sull’isola. La famiglia è cruciale nell’armonia che vive, di conseguenza, la mia camera si pone spesso all’interno. Lo sfondo che ospita questa vicenda è eccezionale e filmo in piccola scala (i piccoli insetti, le piante e i fiori che Enrico mi mostra continuamente) così come in grande scala (i droni percorrono il carcere vuoto, sorvolano il faro, i cavalli al galoppo e le scogliere durante la tempesta). Insieme ad Enrico, pensiamo subito che sia ideale filmare la sua attività in stagioni diverse, perché il paesaggio (interiore ed esteriore) cambia molto. Penso ovviamente a un documentario più moderno e meno “messo in scena” de L’uomo di Aran di Flaherty, ma non nascondo che ho avuto voglia di rivedere il film dopo aver conosciuto Enrico e l’Asinara.