Amin, un aspirante sceneggiatore che vive a Parigi, ritorna per l’estate nella sua città natale, una comunità di pescatori nel sud della Francia. È l’occasione per ritrovare la famiglia e gli amici d’infanzia. Accompagnato da suo cugino Tony e dalla sua migliore amica Ophélie, Amin passa il suo tempo tra il ristorante di specialità tunisine dei suoi genitori, i bar del quartiere e la spiaggia frequentata dalle ragazze in vacanza. Incantato dalle numerose figure femminili che lo circondano, Amin resta soggiogato da queste sirene estive, all’opposto del suo dionisiaco cugino che si getta senza remore nell’euforia dei loro corpi. Munito della sua macchina fotografica, e guidato dalla luce eclatante della costa mediterranea, Amin porta avanti la sua ricerca filosofica lanciandosi nella scrittura delle sue sceneggiature.
Francia/Italia/Tunisia – 3h
VENEZIA – Il ricordo, qualunque sia la natura che ne domini il significato, scalfisce, con la propria aura pulsionale, le viscere della rappresentazione cinematografica. Il segno distintivo della visione di Abdellatif Kechiche è nascosto nell’intensità di un percorso nel quale è inevitabile perdersi in un infinito susseguirsi contemplativo – una ricerca probabilmente – su di un’inafferrabile estasi della bellezza, allo stesso tempo tragica e inebriante, dalla quale il regista franco tunisino si è elevato oltre la straordinaria ricchezza di uno stile, per farsi genere. Quel genere che in La vita di Adele aveva raggiunto una perfezione formale quasi definitiva, divenendo esso stesso l’espressione di un azzeramento del deficit del cinema nei confronti della percezione del reale, e dunque il trionfo del mezzo dello sguardo rispetto all’albagia di ciò che viene chiamata vita.
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