dicembre 2019

periodico di cinema, cultura e altro... ©
 

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Reg.1757 (PD 20/08/01)

 
 
 
TOP-FILM 2019

uscita italiana: 1 gennaio - 31 dicembre

                 

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E. Leonii
L’ufficiale e la spia - C'era una volta a Hollywood - The Irishman - Parasite - Joker - Il traditore - Tesnota - Border. Creature di confine - Storia di un matrimonio - Midsommar. Il villaggio dei dannati

G. Martini
Joker - La belle epoque - L'ufficiale e la spia - Il traditore - Dolor y gloria - Tesnota - Border. Creature di confine - The Irischman - La favorita - Green Book

C. Menegolli
L'ufficiale e la spia - C'era una volta ad Hollywood - Il traditore - Joker - Parasite - The Irishman - Border. Creature di confine - La mafia non è più quella di una volta - The guilty. Il colpevole - Miserere

L. Miolo
Joker - L'ufficiale e la spia - Parasite - C'era una volta ad Hollywood - Il traditore - Un giorno di pioggia a New York - Dolor y gloria - Stanlio & Ollio - Vice. L'uomo nell'ombra
M. Pernini
The Irischman - Burning. L'amore brucia . C''era una volta ad Hollywood - Storia di un matrimonio - Parasite - L'ufficiale e la spia - Tesnota John McEnroe. L'impero della perfezione - Martin Eden . The Mule. Il corriere

A. Tognolo
La casa di Jack - La mafia non è più quella di una volta - Voglio mangiare il tuo pancreas - Joker - Blue In My Mind. Il segreto dei miei anni - Il traditore - Midsommar. Il villaggio dei dannati - La vita invisibile di Euridice Gusmao - I figli del fiume giallo - Che fare quando il mondo è in fiamme?

V. Torresan
C'era una volta a Hollywood - Il traditore - Burning. L'amore brucia - L’ufficiale e la spia - I fratelli Sisters - Manta Ray - La favorita - Parasite - Martin Eden - Dolor y Gloria
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IL SARCOFAGO DI SPITZMAUS E ALTRI TESORI

Milano: 20 settembre 2019 - 13 gennaio 2020

Così come Lubitch, Allen, Kubrick, Wes Anderson appartiene a una categoria di autori dall'estetica inconfondibile, tanto che si può parlare di toutch of Wes: attraverso i suoi film egli ha creato un universo immediatamente riconoscibile fatto di una famiglia allargata di personaggi dall'umorismo impassibile, siano adulti, bambini o animali, cui i suoi attori feticcio danno il volto o la voce, di una cura maniacale per i particolari sia per quanto riguarda gli arredi che gli abiti eccentrici e di gusto vintage, di una tavolozza di colori precisamente definita, di colonne sonore composte prevalentemente da brani del passato, di una geometria dello sguardo...
Non a caso il corposo libro-intervista in cui egli dialoga con Matt Zoller Seitz si intitola proprio The Wes Anderson Collection.
Questo mondo si respira visitando la Mostra curata da Anderson con la moglie, Juman Malouf, costumista e designer, per il Kunsthistorichsches Museum di Vienna e ora trasferita a Milano e adattata agli spazi della Fondazione Prada. Mostra che costituisce un esempio di come il rapporto tra “Arte” e Cinema possa, seguendo dei percorsi trasversali, raggiungere risultati sorprendenti e intelligenti.
La collaborazione di Anderson con la casa di moda italiana risale al 2012, quando realizzò una serie di spot per il profumo Candy ed è poi proseguita negli anni, tanto che egli stesso curò l'arredamento della Caffetteria della Fondazione milanese. Il titolo della Mostra prende spunto dal piccolissimo sarcofago di un topo-ragno del IV sec. A.C. proveniente da una tomba egizia, (ricordiamo che la madre del regista era un'archeologa), che nell'universo andersoniano potrebbe prendere comodamente posto accanto a Mr Fox, al cane Spot, al serpente del Treno per il Darjeeling e al cane pirata di Steve Zissou....
Tutto il materiale esposto, più di 400 pezzi selezionati dai due curatori, proviene dal citato museo viennese oltre che dal Naturhistorisches Museum e altre gallerie. Nell'allestimento questi hanno assecondato unicamente le loro scelte estetiche, procedendo non secondo criteri cronologici o geografici, ma per somiglianze esterne o per analogie, tornando all'idea della wunderkammer, che ha preceduto la forma istituzionalizzata del museo. “Anche se io e Juman non abbiamo né creato né concepito le opere d’arte esposte in questa mostra, nutriamo l’umile aspirazione che i raggruppamenti non convenzionali e l’organizzazione delle opere possano influenzare lo studio dell’arte e dell’antichità in modi minori, anche banali, ma comunque significativi per le future generazioni”.
Nel grande spazio del Podium della Fondazione campeggia alle pareti una serie di ritratti di dame e gentiluomini più o meno noti realizzati da autori più o meno noti, ma tutti caratterizzati da qualche particolare curioso o inquietante nel volto, negli abiti, nelle mani... Ma quelli che colpiscono di più sono soprattutto i ritratti di bambini, serissimi e abbigliati da adulti, come venivano dipinti a quei tempi, che non possono non richiamare alla memoria i tre fratelli Tenenbaum cristallizzati nei loro abiti feticcio: la pelliccia di Margot, la tenuta da tennis di Richie, la tuta da ginnastica di Chas. Il centro dello spazio è riempito da sette stanze delle meraviglie, disposte secondo i criteri di un giardino all'italiana, sette piccole mostre distinte, con teche ultrapiene, che ci proiettano in universi magici e fortemente evocativi. Oggetti di grande importanza, che normalmente vengono esposti individualmente, sono stati qui raggruppati in vetrine collettive. Altri sono stati svelati e posizionati al centro della scena. Oggetti fatti da mani sconosciute in angoli remoti del mondo sono mostrati accanto a opere realizzate da alcuni dei più grandi maestri della storia dell’arte europea. L’obiettivo è quello di creare un viaggio estetico e suggestivo, dove visivamente nulla è lasciato al caso, tutto è ordinato simmetricamente, rivelando la cura maniacale, ma anche l'ironia con cui Anderson procede nei suoi film.

Si va da una stanza che come tema ha il colore verde e che raccoglie una ventina di tipi di malachite, vasi a forma di ananas, una Salomé con testa di Giovanni Battista di Bernardino Luini del 1525, un costume di scena di Hedda Gabler di Henrik Ibsen del 1978 preso dal Museo del Teatro (Theatermuseum), una rana sotto alcool (Hyla arborea) presa dal museo di Scienze Naturali, a una stanza con animali di ogni genere, tartarughe, uova, felini, gufi, topi , pesci, cani e persino un granciporro del XVI sec proveniente da Padova, dipinti, scolpiti, impagliati, mummificati. Una stanza è dedicata alle mani e quello che queste possono produrre: vasi, un dito di una statua di epoca imperiale tardo romana, un busto di Ercole in bronzo. E poi costumi di teatro e oggetti di scena, scatole per contenere le corone, come quella di Rodolfo II, una scatola del gioco domino con le note musicali, una scatola con due sfere, teche stracolme di ogni meraviglia, tranne una, apparentemente vuota, in cui campeggia un solo oggetto: la valigia per l'uniforme da guerra di un principe coreano della II metà del XIX sec., che non sfigurerebbe accanto al set di valigie in viaggio per Darjeeling o nella hall del Budapest Hotel.
Ma a parte i riferimenti espliciti ai suoi film, come il display scenografico che ricorda le immagini iniziali di Moonrise Kingdom, o il dipinto Boy With Apple, caricatura dell'artista rinascimentale, che compare in Budapest Hotel, è nell'insieme dell'allestimento, nel modo in cui gli oggetti parlano tra loro, che i visitatori smaliziati possono cogliere con divertimento questa operazione di vera e propria “messinscena”, che, alla pari di quelle dei suoi film, fa emergere lo stile unico, inimitabile del regista texano, uno stile che sa mettere in forma un sentimento del contemporaneo unito ad una visione diffusa del mondo.

Cristina Menegolli

 
 
FESTIVAL DI TORINO

22 - 30 novembre 2019

 Recarsi a novembre a Torino non è solo per andare al Festival, ma è per farsi accogliere da una città che del cinema ha fatto il suo emblema grazie al Museo del Cinema che nella mole ha trovato una location straordinaria. Per cui vagabondare tra le sale preposte alla manifestazione (quest'anno alla sua 37a edizione) è un piacere aggiuntivo al ritrovarsi tra critici ed appassionati a caccia del film da non perdere, a prenotare in tempo nei ristoranti ormai nel carnet abituale del buongustaio cinefilo.
Per gli accreditati stampa c'è la scelta di infilarsi, con un po' di pigrizia, sempre nella sala del Classico, che con orari "umani" permette di inanellare anche xx proiezioni giornaliere. Ma occorre avventurarsi nelle tre sale del Massimo e nelle cinque del Reposi per riuscire ad avere un quadro davvero completo delle proposte torinesi, suddivise in un pullulare di sezioni: Torino 37, Festa mobile, After Hours, Onde...
Ci permettiamo quindi di sbocconcellare qua e là per segnalare sorprese e incoerenze (nel voto della giuria). Partiamo proprio da queste ultime perché era ormai assodato dai rumors di ogni ordine e grado che la corsa al miglior film sarebbe stata tra
Beanpole e El Hoyo.
E invece ha vinto
A White, White Day, lasciando a Beanpole (che già a Cannes aveva incamerato il premio Fipresci e quello per la miglior regia di A certain Regard) solo il premio alle attrici. El Hoyo resta una memorabile scoperta torinese (la Scuola Holden l'ha premiato per la sceneggiatura), ma per chi non era riuscito vederli in altri festival è stato davvero un piacere recuperare in concorso Algunas bestias (San Sebastian), in Festa mobile La Gomera (Cannes), Vitalina Varela (in Onde, era a Locarno) e, tra i titoli di After Hours, il divertente e demenziale Greener Grass (Atlanta) e The Last Porno Show (Toronto).

Da segnalare infine la preziosa retrospettive dedicata a Teona Strugar Mitevska, regista-rivelazione di Dio è donna e si chiama Petrunya (a Berlino), e la non banale presenza italiana con Magari, debutto di Ginevra Elkann, e Il grande passo (Antonio Padovan) ai cui interpreti, Giuseppe Battiston e Stefano Fresi, è andato il premio per il miglior attore.

Ezio Leoni

 
 

in rete dal 29 dicembre 2019

 
 

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