Au hasard Balthazar

Robert Bresson

La dolorosa esistenza dell’asino Balthazar nella campagna francese, sfruttato dai vari padroni a cui viene affidato. Il suo percorso di vita è legato a quello di Marie, timida ragazza che lo ha accudito per prima con amore e devozione. Dopo una vita di sofferenza e privazione, l’animale troverà la morte in una landa desolata, mentre la ragazza fuggirà verso una (im)possibile felicità

Francia/Svezia 1966 (90′)
Premio OCIC alla Mostra del Cinema di Venezia

Vita, patimenti e morte dell’asino Balthazar, vittima della malvagità umana nella campagna francese, in parallelo con l’esistenza, altrettanto infelice, di Maria, sua prima padroncina. Una delle vette del cinema e della visione pessimistica del mondo e dell’umanità di Bresson, che ha come punti di riferimento letterario Bernanos e Dostoevskij: è un mondo senza la Grazia osservato dall’occhio obiettivo di un asino; una riflessione cristiana (giansenista?) sull’esistenza del male; un viaggio sconvolgente attraverso i vizi umani narrato con un linguaggio spoglio e una concretezza che lascia parlare la realtà (le sue immagini) senza emettere giudizi.

Il Morandini

L‘asinello Balthazar viene affidato alle cure di Marie fino a quando, una volta cresciuto, non viene ceduto dal padre di lei. Inizierà per lui una vita fatta di fatiche e di continui soprusi nei suoi confronti. Anche la vita di Marie non sarà delle più facili a causa di quanto accade al genitore e della sua relazione con il malvagio Gérard (…) L’asino, animale spesso citato nella Bibbia, diviene per il cattolico Bresson lo sguardo che ci accompagna nella sua visione del mondo in cui la Grazia non ha spazio alcuno. Per il regista francese il nostro viaggio in questo vita può solo godere dell’illusione della serenità (i soli momenti veramente tali per Balthazar sono all’inizio e alla fine). Per tutto il rimanente del tempo potremo solo sperare in qualche brevissima pausa (le carezze e i fiori di Marie) tra una sofferenza e l’altra.

Giancarlo Zappoli – mymovies.it

Una delle più alte testimonianze artistiche nella storia del cinema. Racconto di struggente intensità in grado di unire il severo rigore del minimalismo stilistico a uno sguardo di toccante umanità, che diventa straziante testimonianza della cieca crudeltà dell’uomo e del carico di patimenti a cui si è sottoposti nella vita terrena. Figura santificata e simbolo cristologico, l’asino Balthazar diventa allegoria spirituale assoluta nella sua limpida autenticità e il suo candido sguardo compassionevole, privo di ogni sovrastruttura connaturata nella natura umana, trova straordinaria forza espressiva attraverso un composto senso di dignità. Nella sua disadorna purezza, incarna i valori morali eterni, l’essenza evangelica della missione cristiana e l’etica della coscienza al di là di qualsiasi preconcetto o condizionamento. Una parabola che non ha eguali nel restituire un quadro disperato ma profondamente religioso, in cui una realtà arida e mossa da istinti violenti spoglia i sentimenti ma non la capacità di sopportare la sofferenza. Un inno all’innocenza, alla vita, al rispetto dove, tra la genuinità virginale dell’infanzia e la lancinante rassegnazione della vecchiaia, affiora la malvagità radicata nell’essere umano, schiacciato dai desideri materiali (la proprietà, il denaro, il possesso). Tra le numerose sequenze indimenticabili, impossibile non citare il bacio di Marie a Balthazar che regge sul capo una corona di fiori, il gioco di sguardi tra l’asino e gli animali in gabbia che si esibiscono al circo, l’abbandono finale. Un’opera nobile e solenne, autentica poesia in immagini che poggia su una ineguagliabile sensibilità. Eccezionale bianco e nero di Ghislain Cloquet, di una suggestione che il colore difficilmente avrebbe raggiunto. La colonna sonora è costituita dal secondo tempo della Sonata per pianoforte in la maggiore D 959 di Franz Schubert.

longtake.it

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