Birth

Jiyoung Yoo

Corea 2023 (155′)

TORINO – Una delle opere più interessanti presentate in concorso in questa 41° edizione del TFF è risultata Birth della giovane regista coreana Jiyoung Yoo. Un film che sviluppa due temi molto forti, quello della maternità indesiderata e quello dell’egotismo dell’artista, attraverso una storia condotta con uno stile asciutto e raffinato e una grande coerenza compositiva.

I protagonisti del film sono Jay, scrittrice di successo e Gun-woo, insegnante di inglese in una scuola privata. La loro convivenza apparentemente felice viene interrotta dalla inattesa gravidanza di Jay. La coppia, che aveva fatto di tutto per evitare un figlio, si trova a dovere gestire questo evento. Jay rifiuta la gravidanza che vede come un ostacolo alla propria carriera. Gun-woo prova ad aiutare la moglie, ma il loro rapporto entra in crisi e la loro vicenda familiare avrà risvolti inattesi. Jay (interpretata da una intensa Hee-Jin Choi) da un lato dovrà scontrarsi con ciò che il suo stato comporta nella percezione che gli altri hanno di lei: non più donna, ma futura madre, dall’altro con l’impossibilità di concentrare tutte le sue attenzioni sulla sua attività artistica, che comincia a risentirne. Anche Gun-woo, che cerca di assecondare le smanie della moglie e sopporta con difficoltà il suo incipiente alcolismo, comincerà ad incontrare problemi nell’ambiente di lavoro, dove le sue speranze di avanzamento di carriera verranno frustrate.

È nello sviluppo delle dinamiche della coppia, nel loro crescendo verso la direzione di una progressiva distruzione e decostruzione di ogni legame, che Jiyoung Yoo lavora con una grande attenzione alla composizione dell’inquadratura, dove i personaggi risultano sempre ripresi o frontalmente o di profilo all’interno di ulteriori cornici date da finestre, porte, pareti della casa, che ne sottolineano gradualmente l’allontanamento reciproco. Una concezione compositiva che si riflette nella linearità della storia, nella leggibilità immediata della frantumazione di questo rapporto amoroso, che si rompe proprio nel momento che, secondo una opinione diffusa, dovrebbe costituire, invece, l’apice della comunione di una coppia. Sicuramente Birth getta una luce assai livida sui temi che incrociano le ambizioni personali con la nuova possibile condizione della genitorialità come ostacolo alla propria affermazione.
È ammirevole il modo in cui Jiyoung Yoo ha realizzato, con l’eleganza formale tipicamente orientale (qualcuno ha avvicinato le sue inquadrature a quelle di Ozu) e con, nello stesso tempo, la consapevolezza e il coraggio di portare un pensiero divergente dentro la retorica familiare, un film in cui la gravidanza diventa malattia dell’anima e la prospettiva della maternità si trasforma in paura dell’annullamento di ogni propria libertà.

Stupisce quindi che un film come questo, nonostante il suo spessore autoriale e la raffinata coerenza stilistica, sia uscito da questo festival soltanto con un premio collaterale (premio Fipresci) e non abbia ottenuto alcun riconoscimento da parte di una Giuria, che d’altra parte ha attribuito il primo premio ad un film, incoerente, pasticciato e velleitario come La Palisiada del regista ucraino Philip Sotnychenko.

Cristina Menegolli – MCmagazine 87

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