Ema

Ema, giovane ballerina, decide di separarsi da Gastón dopo aver rinunciato a Polo, il figlio che avevano adottato ma che non sono stati in grado di crescere. Per le strade della città portuale di Valparaíso, la ragazza va alla ricerca disperata di storie d’amore che l’aiutino a superare il senso di colpa. Ma Ema ha anche un piano segreto per riprendersi tutto ciò che ha perduto.


Cile 2019 (102′)
VE 76° – Arca CinemaGiovani: miglior film

Laugh and the world laughs with you
Cry and you cry alone
It’s something they’ll try to tell you
When they’re dishing out the pills
Years go by like hurricanes
Years go down in flames
Wax Tailor – Down in flames

 VENEZIA – A partire dal provocatorio interrogativo senza risposta esposto da Freud a proposito dell’analizzanda Marie Bonaparte riguardo l’inafferrabile dimensione desiderante della donna (Che cosa vuole una donna?), il femminile incarna un mistero verso il quale l’indagine non si concretizzerà mai in un risultato conclusivo o, quanto meno, sufficiente a dirimere la pretesa di volere continuare ad esplorare. .

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Favolacce

Un quartiere della provincia di Roma. Le storie di famiglie ormai disilluse e frustrate si intrecciano in una calda estate; i bambini osservano il comportamento dei genitori e si caricano di una tensione pronta a esplodere da un momento all’altro. La cartolina grottesca di una parte d’Italia sfatta e tenebrosa, in cui la regia, con trovate puntuali, si incolla agli sguardi dei personaggi in una sorta di sfilata di volti e sensazioni di rara forza filmica.

Italia 2020 (98′)

BERLINO 70°: Orso d’argento – miglior sveneggiattura

 BERLINO – Dopo l’exploit del 2018 con La terra dell’abbastanza, film rivelazione della sezione Panorama e poi premiato in Italia con un Nastro d’argento per la migliore regia esordiente, i fratelli Fabio e Damiano D’Innocenzo, gemelli romani classe 1988, tornano a Berlino, questa volta in concorso, con Favolacce (Bad tales), dimostrando un cambio di passo e una maturazione straordinarie.

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Never Rarely Sometimes Always

USA 2020 (101′)

BERLINO 70°: Gran Premio della Giuria

 BERLINO – Era stato dato da molti come uno dei più seri candidati all’Orso d’oro, questo Never Rarely Sometimes Always; e anche se alla fine ha dovuto accontentarsi del Gran premio della giuria, rimane forse la più bella sorpresa di questa 70esima Berlinale. Un film se vogliamo molto ‘indie’ (non per niente proveniente dalla inesauribile fucina del Sundance), e però di una originalità, di una spontaneità, di un realismo, di una accuratezza formale e di recitazione straordinari.

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There Is No Evil

Sheytan vojud nadara
Germania/Repubblica ceca/Iran 2020 (150′)

BERLINO 70° – Orso d’oro

 BERLINO – There is No Evil è il titolo internazionale di Sheytan vojud nadarad, film vincitore dell’orso d’oro a Berlino 2020. L’autore, Mohammad Rasoulof, si era già messo in evidenza un paio di anni fa a Cannes con Lerd (Un Homme Intègre), premiato come miglior film della sezione Un certain regard; ma da allora caduto in disgrazia nel suo paese, privato del passaporto e accusato di propaganda e attentato alla sicurezza dello stato.

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Là dove scende il fiume

1880, pionieri in viaggio verso l’Oregon (150 miglia a Est di Portland). Carri e praterie, ma anche trasbordi sul Columbia. Dovranno fare i conti con un attacco degli Shoshoni e con l’avidità di avventurieri e cercatori d’oro che cercano di impadronirsi dei viveri di cui la carovana ha bisogno. La guida Glyn McLyntock, ex bandito del Missouri in cerca di redenzione, a cui si affianca Cole, anch’egli con un oscuro passato (Kansas), del quale si innamora Laura, la figlia del capo carovana. L’esito dell’avventura sarà in bilico fino alla fine tra valichi innevati, fiumi da attraversare, imboscate e sparatorie. L’ostacolo più arduo sarà legato alla slealtà e al tradimento che minerà l’amicizia e l’amore.

 

Bend of the River
USA 1952 (91′)

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Il grande sentiero

Oklahoma, 1878. Umiliati dalle promesse non mantenute del governo americano gli ultimi Cheyenne (286!) affrontano uno stremante viaggio (3000 miglia) verso lo Yellowstone (Wyoming), la terra dei padri. Imbracceranno al bisogno le armi, guaderanno fiumi, valicheranno inaspettati confini (i binari della ferrovia) e affronteranno la fame, la neve e il gelo, fino a cercare provvisorio rifugio a Fort Robinson. In fuga dopo un ulteriore cruento massacro, l’incontro sulle colline del Dakota con il segretario all’interno apre ai superstiti l’opportunità di procedere nel loro cammino insediandosi nella riserva di Powder River: il sentiero dell’autunno di un popolo.

Cheyenne Autumn
USA 1964 (154′)

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Time

Seh-hee e Ji-woo sono una giovane coppia all’apparenza affiatata e in perfetta armonia. Lei, però, è quotidianamente pervasa dalla gelosia, e mal sopporta le occhiate del suo compagno verso altre donne. Spaventata dallo scorrere del tempo e dall’idea che lui si possa stancare del suo volto, la ragazza si convince che l’unica soluzione sia affidare il suo volto alla di chirurgia plastica…Kim Ki-duk sfiora il boom dell’estetica del bisturi e la doppia personalità. Un film sofisticato, inquietante e calibratissimo: ancora una volta la scenografia e le scelte formali assumono per il regista coreano un’importanza pari a quella dei personaggi.

Shi gan
Corea del Sud/Giappone 2006 (97′)

 – Cineasta del silenzio, Kim Ki-duk realizza con Time la sua opera più discussa. Discussa, si badi, solo internamente, nel profluvio di parole che i protagonisti si rivolgono l’un l’altro, dacché molti critici festivalieri non hanno certo dovuto confrontarsi a lungo prima di decretarla opera irrisolta di un cineasta in declino. Alla distanza, possiamo dire che si siano sbagliati.

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